Ave Maria!

 
Non abbiate paura”! Tra tutte le parole di Gesù che, naturalmente, un discepolo o una discepola del Signore ama ascoltare per la sua vita di fede in Lui, queste sembrano oggi così vicine al nostro cuore più profondo, da poter dire ognuno di noi: sono per me, esclusivamente per me. Tuttavia, non voglio con questo tentare di insinuare una “lettura” di questa bellissima pagina del Vangelo, - ma quale pagina non lo è! -, in un senso tutto “psicologico” o, peggio, intimistico. Tutt’altro. La nostra psicologia umana è importante, i nostri sentimenti pure, ma la fede viaggia su una linea molto più alta e decisiva. Non è nelle nostre mani, ma in quelle di Dio principalmente. E allora voglio semplicemente dire che, anche ascoltando Gesù, non è peccare di drammaticità o di disfattismo dover constatare che in noi contemporanei cresce sempre di più la paura sociale, l’insicurezza, quasi un senso di vuoto e soprattutto la fragilità della speranza. La vita è sempre più difficile o, almeno, è questa la sensazione di molte persone (e forse di molti dei credenti) che si sentono minacciati da tante cose e non vedono chiaro il proprio futuro. Questo stato di cose, innegabile perché sotto gli occhi di tutti, può essere molto pericoloso per il nostro rapporto con Dio e può ostacolare l’ascolto autentico della parola di Gesù dentro la nostra anima.
Vi ritorneremo. Ma, prima di tutto, nessun’altra cosa è così decisiva per noi quanto ascoltare con il cuore ciò che il Signore vuole seminare in noi con la forza del suo Amore: “Non abbiate paura degli uomini, perché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre, voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo nelle terrazze”.
 
E’ qui, ancora in gioco, il seguire Gesù!
Di fatto, tra i primi cristiani (e noi che sembriamo “gli ultimi cristiani”), il ricordo della tragica esecuzione di Gesù era ancora molto fresco e inquietante, mentre tra le comunità cristiane circolavano diversi racconti della sua passione: tutti sapevano, in altre parole, che poteva essere pericoloso seguire un Maestro che era finito così male. Piuttosto, si ricordavano di una frase di Gesù: “ Il discepolo non è più del suo maestro”. Se hanno chiamato, infatti, lui Belzebù, il diavolo, se sono riusciti a metterlo a tacere, che cosa diranno, dopo tutto, dei suoi seguaci e discepoli? Ma Gesù non voleva che i suoi discepoli si facessero false illusioni rispetto al mondo dei più che sembra sempre vincente. Nessuno può pretendere di seguirlo per davvero senza condividere in qualche modo la sua sorte, il suo rifiuto. Ad un certo punto, il mondo dei più, - per così dire -, ci rifiuterà, ci maltratterà, ci insulterà e ancora peggio ci dirà con i fatti che siamo perdenti, illusi, stupidi e autolesionisti.
 
E’ così che, la risposta a tutto questo, esce spontanea a Gesù: “ Non abbiate paura degli uomini”. Nella fede, la paura uccide la fede stessa. La paura, per questo motivo, non dovrà mai paralizzare i suoi discepoli. Non dovranno mai tacere. Per nessuna ragione dovranno smettere di propagare il suo messaggio e di testimoniarlo. Così Gesù spiega ai suoi discepoli e discepole come affrontare la persecuzione in suo nome. Con Lui è già iniziata la rivelazione della Buona Notizia di Dio. I discepoli devono avere fiducia. Infatti, tutte le fonti cristiane presentano Gesù mentre libera le persone dalla paura ed è per questo motivo che, prima di tutto, si dedicò a risvegliare la fiducia nel cuore delle persone. Con che forza Gesù parlava ad ogni malato: “Abbi fede. Dio non si è dimenticato di te”. Con che gioia li congedava, quando li guariva: “Va’ in pace. Vivi perché non sei più solo”. Guarire dalla paura era il grande desiderio di Gesù! E, dunque, una comunità di discepoli o discepole del Signore Gesù dovrebbe essere, - prima di molte altre cose! -, un luogo dove tutti si liberano dalle proprie paure e dove s’impara a vivere confidando esclusivamente in Dio, nel suo Amore incondizionato. Una comunità dove si respira una pace contagiosa e si vive un’amicizia profonda che rendono possibile ascoltare oggi la chiamata di Gesù: “Non abbiate paura”.
 
Sì, perché di una chiamata di Gesù qui si tratta: “Non abbiate paura”. Nella fede, autenticamente vissuta con Gesù e per Gesù, non c’è posto per il “realismo mondano”, il buon senso comune e diffuso che ci fa dire o pensare: di che cosa vivremo, se tutto va così male? Cosa mangeremo, se perdiamo questo o quello? Come affronteremo il futuro, se non abbiamo i mezzi necessari? Invece, l’esperienza di Dio, - così come Gesù ce la offre e comunica ogni giorno nell’Eucaristia -, infonde sempre una pace inconfondibile nel nostro cuore, anche se denso di inquietudini, paure e insicurezze. E questa pace interiore è sempre il segno migliore di ciò che abbiamo ascoltato essere, dal fondo del nostro cuore, la sua chiamata di ogni momento: “Non abbiate paura: voi valete più di molti passeri”. Se Dio si prende cura con tanta tenerezza dei passeri del campo, - i più piccoli uccelli della Galilea -, come non si prenderà cura di voi? Agli occhi di Dio voi siete più importanti e soprattutto amati più di tutti gli uccelli del cielo, creature anch’esse, però, amate dalla infinita tenerezza di Dio. Un cristiano della prima generazione raccolse bene questa chiamata di Gesù: “Riversate su Dio ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi”.
 
Al contrario, in tutte le epoche, vi sono stati (e vi sono ancora tra i credenti) i “profeti di sventura”, impegnati ad annunciare ogni tipo di mali per il futuro. Perfino servendosi dei “messaggi” della Vergine Maria. In realtà, questi falsi profeti possono rovinare l’anima fragile di alcuni, ma non sono quelli più pericolosi. Un danno maggiore lo fanno coloro che, in modo più o meno consapevole, instillano negli altri il loro pessimismo o le loro frustrazioni, avvelenando la vita quotidiana con la loro visione buia e le loro previsioni catastrofiche. Al punto di annunciare un Dio sempre in collera con il mondo, un Dio che aspetta l’occasione buona per nuocere agli uomini, e magari con il pretesto di punire i loro peccati. Che cosa tremenda e del tutto contraria allo spirito di Gesù.
Il cristiano autentico non si fa illusioni sulla situazione del mondo. Non si inganna neppure “risolvendo” i problemi a partire da una fede ingenua. Conosce la forza del male, ma la sua fede in Dio lo aiuta a non dimenticare mai, in nessuna situazione, che il mondo non è abbandonato alle sue sventure. Il mondo non è nelle mani degli uomini. Al di là dei titoli dei giornali, della stampa, della televisione, dei dati statistici perfino, il cristiano vede la realtà nella sua profondità più remota, e cioè che la salvezza è il Dio che viene. Dio è sempre il Dio buono che viene!
E’ questa la fiducia di fondo che Gesù vuole trasmettere ai suoi discepoli: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”. La vita è indubbiamente piena di esperienze negative, e la fede non offre ricette magiche per risolvere i problemi. Ma l’esistenza dell’essere umano è nelle mani di Dio. Solo in Lui è la nostra salvezza dalla morte e dal fallimento finale, questo crede chi ascolta Gesù!
 
Dunque, ci sono quelli che uccidono il corpo e ci sono quelli che possono far perire l’anima esattamente come il corpo. Ma quando si parla di “anima”, - nozione ormai del tutto fuori moda -, che cosa intende Gesù con questa parola? Personalmente, qualcuno, anche qualche teologo, mi è stata sempre contestata questa parola, a me molto cara, per dirmi che nel Vangelo non c’è questa parola. Non c’è? E questa parola di Gesù: “uccidere l’anima” che significa? Per rispondere, potrei cercarne il significato nelle filosofie dell’antichità (Platone, Aristotele, ecc.), ma io lo trovo proprio in questo Vangelo. Vale a dire che, innanzitutto, l’anima è importante agli occhi di Dio.
Il nostro Dio, che non trascura nessuno dei capelli del nostro capo, non dimentica sicuramente nulla di ciascuno di noi. Ai suoi occhi noi valiamo infinitamente più di tutti i passeri del mondo, - pur così commoventi e preziosi -, e di fatto l’intera nostra esistenza personale dipende da questo sguardo di Dio. Tutta la nostra esistenza viene dal fatto che Egli ci attende! E noi non possiamo più ignorare quello sguardo, quell’attesa, da quando Gesù è passato in mezzo a noi, da quando ci ha rivelato il volto del Padre! Da qui viene anche l’importanza della nostra responsabilità e della nostra risposta. Eppure, questa risposta possiamo lasciarla vivere in noi oppure rigettarla: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”. I martiri cristiani dei primi secoli (e quelli anche di oggi) sapevano bene che cosa significava tutto questo.
 
Per noi contemporanei, dalla fede incerta e sospesa con un piede di qua e un piede di là, forse è difficile dire un “no” assoluto a Dio, rinnegarlo definitivamente. Siamo così complicati, deboli, paurosi! Resta il fatto che ne siamo capaci. E il Signore Gesù, che non ci ha programmati né manipolati a suo piacimento, non può che sperare con tutto sé stesso nel nostro “sì”. O Gesù benedetto, speranza di tutta la nostra vita, fa’ che ognuno di noi non smetta mai di ascoltare la tua chiamata: “Non abbiate paura”. E’ in Te che il Padre ci parla, ci conforta e ci apre alla speranza che non passa e che nessuno potrà toglierci, se abbiamo fede in Te: “Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Amen.
 
Don Carmelo Mezzasalma
San Leolino, 20 giugno 2020
 

 

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